Gli antichi non credenti smentiscono Mauro Biglino

Cosa chiede in genere un ateo ad un credente che gli parla di Dio?

Mostrami una prova incontrovertibile della sua esistenza!

Purtroppo, per il credente, la suddetta prova non esiste soprattutto se si considera che il Dio o gli dèi di molte religioni sono entità metafisiche cioè realtà non verificabili mediante l’esperienza.

Oggi ci sono molte persone che credono in certi “ricercatori indipendenti” in particolare in quelli che sostengono la teoria degli antichi astronauti”, questi ipotizzano un contatto tra civiltà extraterrestri e le antiche civiltà umane, purtroppo per loro questa teoria non è sostenuta da alcuna prova riconosciuta dalla comunità scientifica.

Mauro Biglino è uno dei sostenitori della “teoria degli antichi astronauti”, egli afferma che Yahweh, il Dio dell’Antico Testamento, non era che uno dei tanti Elohim, Biglino in un intervista ebbe modo di affermare:

Tutti i racconti biblici fanno capire chiaramente che con quel termine [Elohim] si indicava il gruppo dei governanti che poi la teologia ha ridotto a uno trasformandolo nel dio unico, trascendente, spirituale… in realtà erano coloro che si sono spartiti il dominio sulla terra e che, come tutti i potenti di ogni epoca, combattevano per mantenere o incrementare le loro sfere di influenza.. Ne IL DIO ALIENO DELLA BIBBIA spiego e documento tutto questo su base testuale. Tracce d’eternità, anno IV, nr. 17, p. 27

Nel libro citato da Biglino possiamo leggere chiaramente quanto segue:

LElohìm che si faceva chiamare Yahwèh non era uno dei tanti dèi” di una religione politeista, bensì un appartenente alla schiera degli Anunnaki/Igigi/Neteru/Ilanu/Elohìm: individui in carne e ossa che sono giunti sulla Terra, hanno formato l’uomo a loro somiglianza usando lo [tzelèm], cioè quel “quid di materiale che contiene la loro immagine” e gli hanno infine trasmesso tutto ciò che era necessario per creare cultura e civiltà.– p. 98

Le ipotesi che abbiamo formulato sono congruenti con la figura dell’Elohìm che emerge in questo nostro lavoro: un individuo in carne e ossa che non si occupava di teologia o spiritualità e che dunque non aveva neppure la necessità o la volontà di inserire significati o valenze particolari nel suo nome: non dimentichiamo che egli affermò in modo esplicito di “non parlare per enigmi” (Nm 12,8). Alla richiesta di Mosè egli avrebbe risposto usando termini che potrebbero essere interpretati così: Mosè e il popolo devono riconoscere che “lui” è quello che ha proposto l’alleanza e che sempre “lui” continuerà a mantenere ciò che ha promesso, a patto che il popolo faccia altrettanto. Una sorta di: “Io sono quello che sono e voi non chiedete di più, fate solo ciò che vi compete”. – pp. 118-119

L’ipotesi di Biglino però si scontra con un grosso problema, la presenza già allora di persone che non credevano nelle esistenza degli Elohim!

Se si tiene conto di quanto detto da Biglino è cioè che gli Elohim non erano esseri metafisici ma esseri reali e visibili in carne ed ossa, come si spiega l’esistenza di atei o agnostici già dai tempi biblici? Se oggi gli atei non credono in Dio perché non lo vedono, non si capisce come sin dai tempi biblici degli israeliti, stando a ciò che ci racconta Biglino, pur potendo vedere gli Elohim non credevano nella loro esistenza.

La Bibbia come infatti ci parla di persone classificate come empi che non credevano in Dio:

O Yahweh, perché te ne stai lontano? Perché ti nascondi in tempi di avversità? L’empio nella sua superbia perseguita con violenza il misero; essi saranno presi nelle macchinazioni stesse da loro ideate, perché l’empio si gloria dei desideri dell’anima sua, benedice il rapace e disprezza Yahweh. L’empio, nell’arroganza del suo volto, non cerca l’Eterno; tutti i suoi pensieri sono: “DIO non c’è”Salmo 10:1-4

L’ultimo verso si può tradurre in modo più letterale, se sostituiamo la parola Dio con il termine ebraico Elohim presente nel testo originale e riteniamo quest’ultimo un plurale come vuole Biglino abbiamo:

L’empio con viso altero non ricerca [Yahweh], tutti i suoi pensieri sono “Non ci sono Elohim”

Quindi per degli israeliti non c’erano Elohim, non esistevano, l’opinione di questi “empi” o “stolti” è ribadito ancora in alcuni salmi:

Al direttore del coro. Di Davide. Lo stolto ha detto in cuor suo: «Non c’è Elohim». Sono corrotti, fanno cose abominevoli; non c’è nessuno che faccia il bene.Salmo 14:1 (cfr. Salmo 53:2)

Nel libro di Geremia leggiamo che Yahweh accusa il popolo ebraico di comportarsi proprio come i suddetti empi:

Come potrei perdonarti per questo? I tuoi figli mi hanno abbandonato e giurano per quelli che non sono Elohim. Io li ho saziati, ma essi hanno commesso adulterio e si affollano nelle case di prostituzione. Sono come stalloni ben pasciuti e ardenti al mattino; ciascuno nitrisce dietro la moglie del proprio vicino. Non li punirò io per queste cose?”, dice Yahweh, “e non mi vendicherò io di una simile nazione? Salite sulle mura e distruggete, ma non effettuate una distruzione completa; portate via i suoi tralci, perché non sono di Yahweh. Poiché la casa d’Israele e la casa di Giuda hanno agito perfidamente contro di me”, dice Yahweh. Hanno rinnegato Yahweh e hanno detto: “Non è lui. Nessun male ci verrà addosso; non vedremo né spada né fame, i profeti non sono che vento, e nessuno parla in essi. Quel che minacciano sia fatto a loro!” Perciò così parla Yahweh Elohìm delle milizie: «Poiché avete detto quelle parole, ecco, io farò in modo che la parola mia sia come fuoco nella tua bocca, che questo popolo sia come legno, e che quel fuoco lo divori. Ecco, io faccio venire da lontano una nazione contro di voi, casa d’Israele», dice Yahweh; «una nazione valorosa, una nazione antica, una nazione della quale tu non conosci la lingua e non capisci le parole.Geremia 5:7-15

Gli studiosi ritengono che gli israeliti come gli altri popoli vicini leggevano in chiave teologica il corso degli eventi politici e militari, quando Yahweh era adirato con il suo popolo, gli ebrei erano consegnati nelle mani di un potere straniero, mentre quando il popolo si dimostrava fedele, Yahweh si decide di liberarli sconfiggendo i nemici e i loro dèi. Un esempio storico interessante è la caduta di Babilonia avvenuta nel 539 a.C. per mano di Ciro II noto anche come Ciro il Grande, gli ebrei diedero il merito a Yahweh di aver guidato Ciro alla conquista di Babilonia e per averli liberati dalla schiavitù, dall’altra parte il clero babilonese devoto a dio Marduk, insorgendo contro Nabonedo che voleva imporre il dio luna Sin come divinità principale, consegnarono la città di Babilonia al re persiano Ciro II.

Secondo l’Antico Testamento Ciro il Grande fu chiamato da Yahweh per liberare gli ebrei dalla loro schiavitù a Babilonia:

Dico di Ciro: “Egli è il mio pastore!” e compirà tutti i miei desideri, dicendo a Gerusalemme: “Sarai ricostruita!” e al tempio: “Sarai stabilito!”.Isaia 44:28

Così dice Yahweh al suo unto, a Ciro, che io ho preso per la destra per atterrare davanti a lui le nazioni: Sì, io scioglierò le cinture ai lombi, dei re, per aprire davanti a lui le porte a due battenti e perché le porte non rimangano chiuse.Isaia 45:1

Nel primo anno di Ciro, re di Persia, affinché si adempisse la parola di Yahweh pronunciata per la bocca di Geremia, Yahweh destò lo spirito di Ciro, re di Persia, perché facesse un editto per tutto il suo regno e lo mettesse per scritto, dicendo: “Così dice Ciro, re di Persia; Yahweh, l’Elohi dei cieli, mi ha dato tutti i regni della terra. Egli mi ha comandato di costruirgli una casa in Gerusalemme, che è in Giuda. Chi di voi appartiene al suo popolo? Yahweh, il suo Elohi, sia con lui e parta!”.2 Cronache 36:22-23, (cfr. Esdra 1:1-3)

L’editto di cui parla il libro di Cronache e Esdra corrisponde al famoso Cilindro di Ciro che però recita diversamente:

[Marduk] Ha ispezionato e controllato tutti i paesi, cercando un giusto re di suo gradimento. Prese allora la mano di Ciro, re della città di Anshan, e lo chiamò per nome, proclamando ad alta voce la sua regalità su tutti e su tutto.

Io sono Ciro, re dell’universo, il grande re, il re potente, re di Babilonia, re di Sumer e Akkad, re dei quattro angoli del mondo

Quando sono andato come auspicio di pace in Babilonia lì ho fondato la mia residenza sovrana all’interno del palazzo, tra celebrazione e gioia. Marduk, il signore grande, mi ha consegnato come mio destino la magnanimità di chi ama Babilonia, e io ogni giorno lo rispetto con soggezione. – Cilindro di Ciro

Il Cilindro di Ciro il Grande trovato dall’archeologo assiro-britannico Hormuz Rassam, durante gli scavi del tempio di Marduk a Babilonia, afferma diversamente dalla Bibbia che a “guidare” Ciro II non fu Yahweh ma bensì Marduk.

Ora se è vero quanto dice Biglino, che Yahweh e Marduk erano due Elohim in carne ed ossa qui c’è un chiaro conflitto di attribuzione di merito, a chi dobbiamo “credere”, alla Bibbia? Ai babilonesi o a Biglino? Probabilmente a nessuno stando a quanto dicono gli studiosi accademici o secondo gli “empi” dell’epoca che affermavano “non esistono Elohim”

Biglino ed Omero

Dopo la Bibbia Biglino pensa di aver trovato altre descrizioni di alieni in altri testi classici come ad esempio quelli di Omero, riporto di seguito alcune citazioni prese dal suo libro La Bibbia non parla di Dio:

Theoi omerici – Elohim biblici?

La scelta di analizzare i poemi omerici nasce dal desiderio di applicare a quei testi il metodo utilizzato in questi anni con l’Antico Testamento. -p. 151

Usando il metodo del “fare finta che”, sono andato alla ricerca soprattutto di quei particolari tratti non riconducibili all’immagine classica di Dio: ho voluto verificare se i racconti biblici costituivano un unicum o avevano nella cultura greca dei corrispettivi proprio in quegli aspetti nei quali meno ci si attenderebbe di trovarli. – p. 152

Da sempre, Iliade e Odissea sono presentati come uno degli esempi più alti di letteratura epica, poetica, mitologica, leggendaria, e sono posti al vertice della produzione di quella cultura che noi definiamo “classica” per eccellenza.

La mia domanda è: siamo sicuri che sia così? O meglio, siamo sicuri che sia solo così? E se, invece, i versi poetici magistralmente composti contenessero, come la Bibbia, una sostanza storica e cronachistica anche in quelle parti dove meno ci si attenderebbe di trovarla?

Oltre alle vicende militari, che sono state ampiamente documentate, è possibile che anche gli elementi tradizionalmente considerati mitici o leggendari facciano riferimento a una sostanziale concretezza storica?

Quando parlano dei theoi, delle loro caratteristiche individuali, del loro rapporto con gli uomini, gli autori omerici hanno inventato tutto con finalità puramente estetiche e letterarie o, piuttosto, hanno rielaborato in forma poetica possibili verità storiche?

Io, ovviamente, “faccio finta che” sia vera la seconda ipotesi e, come per la Bibbia, verifico che cosa ne scaturisce. – p. 152

Però  come per il testo biblico anche per l’Iliade e l’Odissea si pone lo stesso problema è cioè: sé è tutto vero e tangibile perché sin dall’antichità già c’erano persone che non credevano negli dèi o Theoi descritti da Omero?

Senofane di Colofone (ca. 570-475 a.C.) scriveva:

Omero ed Esiodo hanno attribuito agli dèi tutto quello che per gli uomini è oggetto di vergogna e di biasimo: rubare, fare adulterio e ingannarsi. Cantarono degli dèi opere empie quante possibili.

I mortali credono che gli dèi siano nati da parto, che come loro siano vestiti, e come loro abbiano voce e figura.

Ma se i buoi e i cavalli e i leoni avendo le mani con le mani potessero dipingere e compiere opere come gli uomini, i cavalli ai cavalli e i buoi ai buoi simili dipingerebbero immagini degli dèi, e corpi costruirebbero di quella specie di cui pure ciascuno di loro possieda figura.

Gli Etiopi dicono che i loro dèi siano neri e con naso schiacciato, i Traci che siano biondi e con gli occhi celesti.

Questo Senofane lo diceva 2500 anni fa quando secondo Biglino gli alieni Elohim erano ancora presenti sulla terra.

Protagora (ca. 491-410 a.C.) scrisse:

Intorno agli dèi non ho alcuna possibilità di sapere né che sono né che non sono. Molti sono gli ostacoli che impediscono di sapere, sia l’oscurità dell’argomento sia la brevità della vita umana.

Se secondo Biglino gli Elohim erano “visibili” perché Protagora riteneva oscuro l’argomento sull’esistenza degli dèi?

A Senofane e Protagora si possono aggiungere molti altri filosofi greci in età antica che negavano una visione l’antropomorfica degli dèi.

Biglino e la religione romana

Biglino nelle sue conferenze cita spesso un libro di Gian Matteo Corrias Dei e religione dell’antica Roma, riporto in proposito qui di seguito parte di un video preso dalla rete:

Biglino travisa totalmente il contenuto del libro di Matteo Corrias il quale spiega che per i romani gli dèi erano entità astratte e non antropomorfe come vuol far intendere Biglino:

«Comunque stiano le cose, è un fatto che la teologia classica romana esclude radicalmente il ricorso al racconto mitologico finalizzato a una qualche conoscenza dell’interlocutore divino: come vedremo, di un innumerevole schiera di divinità prettamente romane non conosciamo che il nome, e invero pare proprio che anche per i loro antichi adoratori il nome fosse l’unico dato rilevante.» – p. 21

«Originaria o meno che fosse, una simile astrattezza teologica è della religione patria e inquadrata entro un sistema “spirituale” che esalta come somma virtù dell’uomo che «adit deos» la purezza del corpo, dell’animo e dell’intelletto, che non si forma rappresentazioni grossolane e svilenti della divinità, e che anzi non se ne forma affatto una qualsivoglia rappresentazione, poiché, come afferma Plinio il Vecchio «effigiem dei formamque quaerere imbecillitatis humanae reor» («cercare un’immagine e una raffigurazione della divinità, io penso che sia da ascrivere alla debolezza umana»), e secondo Varone «Qui primi simulacra Deorum populis posuerunt, eos civitatibus suis et metum demsisse, et errorem addidisse» («coloro che per primi inalzarono per i popoli simulacri degli dei, hanno liberato i loro concittadini da un timore, ma hanno introdotto un’idea erronea»)» – p. 22

Ciò lo si può leggere anche nei libri di storia per ragazzi come ad esempio il seguente:

«Le numerose divinità adorate dai Romani erano concepite come entità astratte, non erano antropomorfizzate, cioè raffigurate in forma umana come nella mitologia greca, e perciò difficilmente si prestavano a elaborazioni fantastiche. Tutt’al più venivano suddivise tra divinità maschili e femminili, giusto per attribuirvi un nome quando si invocava il loro appoggio. La ricerca di protezione era il fulcro degli antichi culti, perché nella visione religiosa dei Romani ogni fenomeno della natura, ogni attività umana, ogni singolo evento era soggetto al potere di un dio specifico in grado di portare aiuto o distruzione. Così, anche se in origine si presentavano come semplici astrazioni, queste divinità tenevano profondamente avvinti i loro adoratori: non a caso la parola religio (religione) nasce dal verbo religare, cioè “annodare”, “vincolare”» – Ilva Tron Mitologia Romana, ed. Mondadori, 2001, p. 9

Comunque, a riprova di quanto riportato, non posso che consigliare la lettura dell’opera Sulla Natura degli Dèi scritto da Cicerone nel 44 a.C.:

Il De natura deorum fu scritto subito prima della morte di Cesare, ed inviato a Bruto. Cicerone orchestra una conversazione tra un epicureo, Velleio, uno stoico, Balbo, ed un accademico, Cotta, che espongono e discutono le opinioni dei vecchi filosofi sugli dei e sulla Provvidenza. L’ateismo dissimulato di Epicuro viene confutato da Cotta, che sembra rappresentare lo stesso Cicerone.

Cicerone non trova gli argomenti degli stoici molto convincenti, e li confuta per mezzo di Cotta. Infine, si dice incline a credere che gli dei esistano e che governino il mondo: lo crede, perché è un’opinione comune a tutti i popoli. Questo” accordo” universale equivale per lui ad una legge della natura (consensus omnium populorum lex naturae putanda est). In quanto alla pluralità degli dèi, sebbene non si esprima categoricamente su questo punto, sembra che non ci creda, o per lo meno che, come gli stoici, consideri gli dei come nient’altro, per così dire, che le emanazioni del Dio unico.

Concepisce poi questo Dio unico come uno spirito libero e privo di qualsiasi elemento mortale, all’origine di tutto. Non risparmia, invece, i racconti mitici del politeismo greco-romano; schernisce e condanna le leggende comuni a tutti i popoli.-  Wikipedia

Riporto alcuni punti cruciali de Sulla Natura degli Dèi di Cicerone:

Non molto più assurdi sono, del resto, i racconti diffusi dalla voce dei poeti il cui deleterio effetto fu vieppiù accentuato dal fascino insito nello stesso linguaggio poetico. Sono essi che ci hanno rappresentato gli dèi infiammati dall’ira e sconvolti dalla passione, che ci hanno fatto assistere alle loro guerre, ai loro combattimenti, alle loro lotte, ai loro ferimenti, che ce ne hanno descritti persino gli odi, le inimicizie e le discordie, le nascite e le morti, i lamenti e le recriminazioni, le passioni aperte ad ogni eccesso, gli adulteri e gli imprigionamenti, l’unione con esseri mortali e la conseguente nascita di esseri mortali da un immortale.I, 42

Potete ora constatare come partendo da eccellenti ed utili scoperte relative al mondo della natura si sia giunti ad ammettere, come ovvia conclusione, dèi falsi ed immaginari: di qui false opinioni, errori conturbanti e superstizioni poco meno che senili. Abbiamo così imparato a conoscere l’aspetto degli dèi, la loro età, i loro abiti e ì loro ornamenti nonché il loro sesso, i loro matrimoni e i loro rapporti di parentela e il tutto abbassato al livello delle umane debolezze. Basti dire che vengono rappresentati in preda alle passioni e la tradizione ci informa dei loro desideri, delle loro amarezze, dei loro sfoghi d’ira. Non furono neppure indenni da guerre e battaglie, come riferiscono le leggende, e non si limitarono, secondo quanto narra Omero, a parteggiare per l’uno o per l’altro di due eserciti in lotta, ma combatterono proprie battaglie, come quelle contro i Titani e contro i Giganti. Trattasi di credenze più che sciocche che rivelano solo un’estrema superficialità e leggerezza. Ad ogni modo però, pur disprezzando e respingendo codesti racconti favolosi, potremo ugualmente riconoscere l’esistenza e la natura della divinità Presente in ciascun elemento – Cerere sulla terra, Nettuno nel mare, altri altrove – ed apprenderne il nome consacrato dall’uso: e questi dèi è nostro dovere rispettare e venerare. Non v’è nulla di più elevato, dì più puro, di più venerando e di più sacro del culto degli dèi purché li si venerino con purezza, rettitudine ed integrità di mente e di parola. Del resto non furono solo i filosofi ma anche i nostri antenati a distinguere la superstizione dalla religione. – I, 70-71

Innanzitutto chi, considerando la realtà delle cose, fu mai tanto cieco da non accorgersi che codesto trasferimento dell’aspetto umano alla divinità fu dovuto o a una ponderata deliberazione dei sapienti, col preciso scopo di avviare le mentì degli indotti al culto degli dèi strappandoli alla loro abiezione morale, o ad una pratica superstiziosa che introdusse l’uso di immagini venerando le quali gli uomini credettero di essere alla diretta presenza degli dèi? Molto contribuirono poi alla diffusione di quelle idee i poeti, i pittori e gli artisti, data la difficoltà di rappresentate sotto una forma diversa dall’umana gli dèi nell’atto di compiere o di intraprendere un’azione qualsiasi. Un altro contributo al l’affermazione di questo concetto fu forse anche arrecato dalla naturale fiducia dell’uomo nella sua superiore bellezza. – I, 77

E che farai, Velleio, se risulterà falsa anche l’altra tua affermazione, che cioè la figura umana si presenta a noi quando pensiamo agli dèi? Continuerai a sostenere codeste tue assurde teorie? Forse a noi capita proprio come dici tu: fin da ragazzi abbiamo imparato a conoscere Giove, Giunone, Minerva, Nettuno, Vulcano, Apollo e gli altri dèi con quell’aspetto col quale vollero raffigurarli i pittori e gli scultori, e non solo col peculiare aspetto di ciascuno ma anche con i particolari ornamenti, con la medesima età, con le identiche vesti.I, 81

Come sarebbe stato meglio, Velleio caro, confessare la tua ignoranza piuttosto che disgustarci con codeste tue ciarle facendo, nel contempo, torto a te stesso! Credi davvero che la divinità sia simile a me o a te? Certamente non lo credi neppure tu. Quindi – aggiungerò io – visto che gli dèi non hanno né aspetto umano, come ti ho dimostrato, né alcun altro aspetto del tipo di quelli esposti, come è tua convinzione, perché esiti a negarne l’esistenza? E’ chiaro che non ne hai il coraggio. Ed in questo dimostri buon senso, benché, a dire il vero, quella che tu temi a questo riguardo non è la reazione popolare, bensì la stessa divinità.I, 84-85

Stando a quello che scrive Cicerone Biglino si rifà a “false opinioni, errori conturbanti e superstizioni poco meno che senili”, ricordo ancora una volta che secondo Biglino all’epoca di Cicerone gli “dèi/Elohim alieni” erano ancora in circolazione.

Concludendo: nonostante Biglino insista a rappresentare gli dèi/Elohim in forma antropomorfa rifacendosi agli antichi testi, in questi stessi testi ritroviamo testimonianze che molti negavano questa rappresentazione degli dèi se non proprio la loro esistenza. Biglino in una conferenza ha affermato:

Io poi non so se la Bibbia dice la verità o no ma la Bibbia dice questo

Questo” Biglino lo interpreta in chiave aliena dimenticando che la Bibbia stessa ci narra anche di persone che affermavano che “non esistono Elohim”, questo contrasta palesemente con la sua personale visione del testo biblico.

Visto che a rigor di logica non ci potevano essere due categorie di persone: quelli che vedevano gli Elohim e quelli che non li vedevano, mi sembra abbastanza ovvio che il metodo Biglino risulta fallace.

6 pensieri su “Gli antichi non credenti smentiscono Mauro Biglino

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  2. Lorenzo R

    1) Mi sembra che tu confonda il significato del verbo “essere” con “esistere”, errore storicamente ben noto nel dibattito filosofico: dire “gli Elohim non ci sono” è cosa ben diversa da affermare “gli Elohim non esistono”. Se io parlassi di te, qui dove sono ed adesso, avrei ben ragione a dire che tu “non ci sei”, che però sarebbe cosa radicalmente diversa dall’affermare che tu “non esisti”. Ti pare?
    2) Mi sembra di ricordare che Biglino affermi che la presenza concreta degli Elohim sia descritta nei testi biblici fino al VI secolo a.C, poi se ne perdono completamente le tracce (vado a memoria). Se così fosse tutte le citazioni che riporti sono comunque successive a tale epoca. E non sarebbe sorprendente che tali affermazioni di “miscredenza” (che tra l’altro – vado anche qui a memoria – sono rintracciabili anche in alcune tragedie greche, di epoca classica) non sarebbero molto significative, in quanto scritte da uomini che vivevano in un’epoca successiva. Idem per Plinio, Cicerone, ecc. Dal momento che la religiosità romana a cui si riferisce Biglino è invece quella romana arcaica. In epoca classica erano sopravvissuti i riti, e la concretezza trasformata in “mito” e credenza.
    Ovviamente questo sempre “fecendo finta che”, come dice di fare Biglino. Ed almeno per questo aspetto una possibile coerenza nella lettura resta possibile.
    Potrebbero certamente essere invece tutte favole, “miti”. Ma allora anche tutto il contenuto biblico sarebbe da ascrivere a tale genere letterario, e letto con la medesima libertà di pensiero con cui leggiamo Gilgamesh o i poemi omerici.

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    1. ciccibus Autore articolo

      1) Non si tratta di confusione ma di tradurre in modo coerente il significato dato nella lingua ebraica. Come forse sai questa lingua non contempla il verbo “essere”, quindi se si vuole scrivere in ebraico ad esempio “Io sono un ingegnere” si scrive semplicemente “Io ingegnere”, se invece vogliamo dire “Io non sono un ingegnere” si scrive “Io no ingegnere”. Ora, senza utilizzare grammatiche e lessici della lingua ebraica, ti riporto un piccolo esempio tratto da un libro di Biglino dove egli stesso associa “l’essere” con “l’esistere”, egli parlando di Lucifero/Satana scrive:

      «La malvagità, la cupidigia e l’orgoglio si impossessano di questo personaggio che si trova in una posizione privilegiata – come quella del Cherubino posto in Eden (versetto 13) – e la punizione diviene inevitabile. Ma la punizione consiste nel suo annientamento totale e non nella cacciata in un ipotetico mondo degli inferi. Affermano infatti i versetti 18 e 19 che lo ha «reso cenere» e:

      e-non-tu(sarai) fino-a-sempre

      «Non esisterai mai più!» gli dice con chiarezza.» – Il Dio Alieno Della Bibbia, p. 238

      Come vedi lo stesso Biglino traduce “tu non sarai” con “non esisterai”!

      Rimanendo sull’esempio da te fatto non è che calzi poi molto perché parleresti di me ad altri che non mi conoscono, ma se invece parli di me con chi mi conosce o “crede” che io esisto e gli dici “Francesco non c’è” loro sarebbe d’accordo, ma se dici “Francesco non esiste” forse ti prenderebbero per stolto proprio come quegli israeliti che affermavano che “non ci sono/esistono Elohim”, che motivi avevano gli israeliti “credenti” a chiamare stolti chi dicevano che semplicemente lì non c’erano Elohim se non per il fatto che non credevano nella loro presenza fisica?

      2) Evidentemente ricordi male, Biglino nel suo libro “Il Dio alieno Della Bibbia” cercando di dare una risposta alla seguente domanda: “Il DIO ALIENO è ancora qui o se n’è andato?” scrive:

      «Questa è una domanda che viene spesso fatta e per la quale non abbiamo risposta. Dalle informazioni bibliche – molto scarne in merito a questo specifico quesito – possiamo solo ipotizzare che gli appartenenti a quelle popolazioni speciali si siano lentamente diluiti all’interno delle genti presso le quali vivevano, ma, fedeli alla metodologia che ci lega ai testi antichi, riportiamo quanto dice lo storico giudeo-romano Giuseppe Flavio, che nel capitolo VI del suo lavoro Guerra Giudaica ci narra vari fatti decisamente curiosi e lo sono tanto più se pensiamo che si sono verificati tra il 60 e il 70 d.C.
      Nei versetti 289-299 l’autore riporta questi eventi che sono senza dubbio fuori dall’ordinario: su Gerusalemme appare un «astro a forma di spada» e una «cometa che durò un anno». Nel giorno ottavo del mese di Xanthico (mese della Pasqua ebraica), all’ora nona della notte l’altare e il Tempio vengono avvolti da un alone di luce che li illumina come fosse giorno per circa trenta minuti. Il pesantissimo portone in bronzo, che veniva normalmente manovrato da una ventina di uomini, si apre da solo all’ora sesta della notte. Ma l’evento straordinario sopra ogni altro si verifica il giorno ventuno del mese di Artemisio (quello dopo la Pasqua). Lo storico giudeo dice che la visione fu talmente miracolosa da essere incredibile, se non fosse stata osservata da numerosi testimoni oculari. Prima del tramonto del sole «si videro in cielo su tutta la regione carri da guerra e schiere di armati che sbucavano dalle nuvole…» e alla festa di Pentecoste i sacerdoti che erano entrati nel Tempio per le celebrazioni di rito sentono distintamente «una scossa e un colpo» e poi «un insieme di voci che dicevano: “Da questo luogo noi ce ne andiamo”»

      • Se ne sono andati in quel periodo?
      • Se ne sono andati solo alcuni?
      • Torneranno?
      • Sono già tornati?
      • Sono sempre stati qui?

      Non lo sappiamo e lasciamo volentieri la risposta a coloro che sanno o dicono di sapere. Per quello che ci riguarda, la ricerca naturalmente continua.» – pp. 345-346

      Come vedi Biglino fa risalire la presenza dei suoi Elohim almeno fino al 70 d.C., ben dopo Cicerone e tanti altri che negavano l’esistenza di dèi antropomorfi, aggiungo che Matteo Corrias nel suo “Dei e Religione dell’Antica Roma”, testo fortemente consigliato da Biglino, in nessun punto del libro afferma che in passato i romani credevano in dèi in forma antropomorfa.

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  3. francesco

    Secondo me dovremmo distinguere tra i testimoni diretti degli interventi degli “dei”,e il popolino
    che non aveva soggezione da porte loro.
    Se io fossi un nomade che non ha contatto con gli “dei” (a quel tempo non c’era una comunicazione istantanea e le notizie di un popolo,arrivavano ad un altro popolo vicino,dopo giorni e giorni,e senza prove,ma solo col passaparola), non direi che gli “dei esistono” proprio per questo motivo.
    Poi dobbiamo tenere in considerazione che anche gli scrittori dell’epoca descrivevano quello che vedevano, quindi, quello che non erano riusciti a vedere, per loro, “non esisteva”.
    Questo mio,è un semplice ragionamento logico,poi ognuno si fa le sue considerazioni.

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  4. Marco

    “Le numerose divinità adorate dai Romani erano concepite come entità astratte, non erano antropomorfizzate, cioè raffigurate in forma umana come nella mitologia greca”

    Suggerisci ad Ilva Tron di dare uno sguardo alle monete datate al I secolo a.C. contenenti l’ effige – antropomorfa ovviamente – degli dei Quirino e Ceres.

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    1. ciccibus Autore articolo

      Penso che non c’è ne sia bisogno visto che Ilva Tron nel suo testo riporta ad esempio antiche “raffigurazioni” di Marte e Venere. Nella citazione di Ilva Tron da lei riportata viene fatto intendere che i Romani non si raffiguravano gli dèi in forma umana nel senso lato come ad esempio se li raffigurava Omero. Le raffigurazioni “umane” degli dèi romani che ci sono pervenute sono delle allegorie, per fare un esempio anche la città di Roma è raffigurata in senso allegorico su una moneta di Marco Sergio Silo (116 a.C. circa) con la testa di una dèa che indossa un elmo attico.

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